Quando Milton Glaser inventò il primo emoticon.

Categoria: design

25/06/2019 - Author: F.M.
Milton Glaser è uno dei designer più conosciuti e venerati di tutti i tempi, che ha lasciato un marchio indelebile in quasi ogni ramo della grafica e del design, producendo una infinità di opere eccellenti. Tuttavia, i poster pubblicitari rappresentano ancor oggi i lavori per i quali Milton Glaser, non senza una ragione, è passato alla storia. Colpiscono i colori accessi, le geometrie plastiche, le linee dinamiche e immediate, che creano un forte impatto comunicativo, coinvolgendo lo spettatore come se si trattasse di uno spettacolo di danza. Per fare un’analogia, potremmo definire Milton Glaser il Matisse del design. E colpisce anche l’immediatezza iconica delle sue creazioni, che rimanda alla Pop Art, a Roy Lichtenstein. I suoi poster sono spesso esposti nei grandi musei contemporanei, come il MoMA di New York o al Centre Pompidou di Parigi.
Ma più di ogni altra cosa, il suo nome viene associato al logo “I LOVE NEW YORK” del 1977, il suo lavoro più celebre. Di che si tratta?
E’ una delle immagini più pubblicizzate, conosciute e imitate al mondo, composta da una "I" maiuscola, seguita un cuore rosso stilizzato e quindi dalle lettere "N" e "Y" in successione. Il carattere scelto da Glaser è un Serif arrotondato, leggermente impreciso, quasi a voler rimarcare una certa non convenzionalità, un anticonformismo pop molto in voga a quell’epoca.
New York stava attraversando un momento difficile, con un tasso di criminalità elevatissimo, una disoccupazione e un malcontento molto diffusi, che certo non aiutavano l’immagine della città e scoraggiavano i turismo, mentre le finanze erano allo stremo, prossime al collasso. Come se non bastasse, New York fu colpita nel 1977 da un disastroso blackout, con saccheggi e devastazioni che contribuirono ancor più ad alimentare la rappresentazione di una città impoverita e degradata.
Il Department of Commerce newyorkese aveva urgentemente bisogno di un simbolo che potesse rilanciare l’immagine della città e, di conseguenza, il suo sviluppo.
Si trattava di inventare qualcosa che colpisse l’immaginazione collettiva e che potesse facilmente essere ricordata da tutti, che al tempo stesso evidenziasse il legame profondo che univa la città ai suoi cittadini e i newyorkesi al resto del mondo. “I LOVE NEW YORK” suonava bene, ma occorreva uno stratagemma, qualcosa che facesse scattare la molla. Allora Glaser ebbe un’intuizione a dir poco geniale. Pensò di sostituire l’intera parola LOVE con un cuoricino rosso, cosa che oggi potrebbe apparire banale, ma che negli anni in cui gli “emoticon” non esistevano ancora, avrebbe avuto, per dirla con parole attuali, un effetto “virale”. Tant’è che ancora oggi il logo si associa a metropoli importanti ed eventi di rilievo.
Ma dove sta il merito di Glaser? Egli introdusse nel logo un elemento di assoluta novità, di freschezza, di spontanea creatività. Utilizzando infatti un linguaggio iconico,  andò ben oltre la semplice analogia espressiva fra “love” e “heart”. Il cuoricino rosso spostava di fatto l’analogia dal piano semantico a quello figurativo, dalla comunicazione verbale a quella pubblicitaria. Segnò insomma la storia del design e la proiettò verso un futuro che è tuttora attuale, in gran parte da scrivere.

 

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