Mark Grotjahn: prospettiva ed effetti ottici in chiave astratta.

Categoria: arte

25/05/2018 - Author: F.M.
Grotjahn è nato a Pasadena, in California. Ha conseguito un Bachelor of Fine Arts all'Università di Boulder in Colorado e un Master of Fine Arts all'Università di Berkeley in California. Mentre studiava a Berkeley, iniziò il suo primo grande progetto, Sign Exchange  (1993-98), in cui riproduceva le insegne dei negozi di Los Angeles, dipingendole a mano. Successivamente alcuni negozi decisero di utilizzarle al posto di quelle vere, preferendole. Più tardi, con un compagno di scuola, aprì la sala di cortometraggi Room 702.
Grotjahn subì diverse influenze artistiche, ponendosi a metà fra astrattismo e grafica. I suoi quadri combinavano infatti la manualità della pittura con la geometria dell’astrazione, una verve figurativa con una verve teorica.
Nel 2001 Grotjahn iniziò la serie Butterfly. Questi dipinti esploravano la sintassi della “prospettiva doppia”, come fossero ali di una farfalla, assumendo configurazioni geometriche multiple in quanto Grotjahn ne alterava ripetutamente la composizione e il colore. Una selezione di questi dipinti, prevalentemente opere su carta, multicolori o monocromatiche, fu successivamente esposta all'Hammer Museum di Los Angeles, a partire dal 2005 . Nel 2018 il Museo d'Arte della Contea di Los Angeles presentò l’opera 50 Kitchens  (2013-18), suddivisa in più di cinquanta frammenti. Questi, evolvendosi da un'unica composizione, incorporavano tracce residue di disegni precedenti. Una delle caratteristiche più interessanti del lavoro di Grotjahn è infatti quella di incorporare all’interno di un’opera d’arte anche le parti escluse, gli scarti, gli elementi residui, appartenenti a fasi intermedie del progetto. Grotjahn non getta via mai niente, anzi tutto serve a documentare la genesi del suo lavoro, tutto contribuisce al risultato finale.
Continuando le sue ricerche sulla forma, la simmetria e la prospettiva, Grotjahn iniziò poi una serie di dipinti particolarmente espressivi, su tela o cartone, che ritraevano volti dalle caratteristiche antropomorfiche, con sezioni scoperte, tagliate, per consentire a quelle sottostanti, dipinte in precedenza, di venire a galla, di rivelarsi.
Parallelamente alla sua attività di pittore, Grotjahn cominciò a creare maschere di cartone, dipingendole, colorandole e quindi attaccandole con tubi di cartone, che infilava tra gli "occhi", dopo averli ritagliati. Il lavoro si chiamava The Masks  (2000) e rappresentò un punto di svolta nella carriera di Grotjahn, che nel 2010 cominciò a produrre anche maschere in bronzo, fondendole e saldandole.
In queste sculture, come nelle precedenti, notiamo che Grotjahn conserva di proposito elementi dell’intero processo produttivo (in questo caso la fusione del bronzo), per poi rivelarli in corso d’opera, come spaccati di un lavoro “in progress. A volte firma le sue maschere con titoli fantasiosi e audaci, utilizzando la firma come elemento espressivo.
E’ del 2014, presso il Nasher Sculpture Center di Dallas, la prima esposizione completa di opere e sculture di Grotjahn, sia di grandi dimensioni che di piccole dimensioni.
Nel 2016 Grotjahn iniziò una nuova serie di dipinti intitolata Capri,  un lavoro molto sperimentale. Grotjahn tracciò delle griglie geometriche sulla tela, raschiandone poi il colore dalle parti più spesse, fino a formare degli agglomerati di vernice simili a lumache in fila lungo le griglie.
Cosa dire della sua arte? Grotjahn è un artista imprevedibile, in continua evoluzione. Mentre ancor oggi le serie Butterflies, Faces, Masks  e Capri  continuano ad accrescersi di sempre nuovi lavori, Grotjahn è passato ad Instagram per sperimentare nuove tecniche e possibilità.
Astrattismo è indubbiamente il termine giusto per un autore che utilizza anche il “figurativo” come mezzo di espressione, per raggiungere significati via via più enigmatici e stranianti. Un astrattismo che si avvale contemporaneamente di metodi pittorici e grafici, che spazia dalla bidimensionalità della pittura alla tridimensionalità della scultura, dall’effetto ottico alla ricostruzione filologica del procedimento creativo per scomporre i propri quadri come fossero “sequenze cinematografiche”, dove ogni fase viene rallentata, trattenuta, scolpita sulla pellicola, così come un tempo il cubismo scomponeva le proprie immagini per individuarne, da prospettive diverse, istanze e successioni spazialmente e temporalmente opposte.

 

INDIETRO